L’arte della narrazione nella psicologia
La narrazione nella psicologia è uno strumento magico: permette di ordinare la realtà o vivere la fantasia, ritornare nel passato e persino spingersi nel futuro, osservare il mondo con occhi diversi.
Già Bruner ne aveva riconosciuto l’importanza negli anni 80, i magnifici anni 80, differenziando un pensiero scientifico-paradigmatico da un pensiero narrativo.
“Il pensiero narrativo è uno dei due modi principali di pensiero con cui gli esseri umani organizzano e gestiscono la loro conoscenza del mondo, anzi strutturano la loro stessa esperienza immediata” (Bruner, 1992). Esso si sviluppa attraverso la libertà assoluta della mente, per potersi soffermare sulle intenzioni e le azioni dell’uomo, seguendo il principio della verosimiglianza e senza necessitare di alcuna verifica oggettiva.
-Libertà assoluta della mente: raccolgo il primo petalo.-
Ma, in che modo formiamo il pensiero narrativo?
Bruner distingue tre processi mentali: la rappresentazione esecutiva, iconica e simbolica. Il pensiero narrativo prende forma grazie alla rappresentazione simbolica, la quale codifica la realtà attraverso segni e simboli convenzionali, come il linguaggio.
A questo punto, la domanda sorge spontanea: dunque, come si forma il linguaggio? Bruner sostiene che si apprende dalle relazioni sociali e dal proprio contesto di vita. In questa prospettiva, le interazioni madre-bambino sono un vero e proprio format, una proto-conversazione, che ne funge da modello.
L’apprendimento del linguaggio è facilitato dalla costruzione di categorie che sono nel mondo e che l’individuo riconosce ed interiorizza. Categorie intese come, ad esempio, grandi raccoglitori di fogli: in uno inseriamo solo una tipologia di documenti, in un altro i propri attestati. Le categorie sono come la scatola blu dei biscotti al burro- si sa che è tonda e che lì dentro si possono inserire, al massimo, i bottoni.
Attraverso le categorie, si apprendono i dettagli della realtà.
Le storie sono ricche di categorie che si possono estrarre e l’essere umano ha un bel piccone: non si può rinunciare alla comprensione del mondo.
L’uomo è assetato di racconti, così, è lui stesso che gli dà vita per costruire significati. È lui, la storia. -Secondo petalo.-
Leggere o scrivere una storia significa comprendere o elaborare le intenzioni, gli obiettivi, le emozioni, gli stati mentali dei personaggi… e se fossi tu il protagonista?
Si apre la strada alla narrazione autobiografica.
Ogni persona, narrandosi, fa un grande regalo a sé stesso: struttura la propria identità.
L’uomo è in continua trasformazione: quadrupede, bipede, tripode, a volte anche su ruote lisce. La richiesta di adattarsi al cambiamento urge quanto ripararsi dal freddo, bisogna disporre di maglioni per ogni età. E il compito è quello di “aggiustare” la propria biografia in concomitanza con il nuovo presente.
Il Sé non è un costrutto statico, ma un progetto riflessivo, che deve essere cercato, creato e sostenuto. L’identità, dunque, non può che dispiegarsi nella narrazione, raccontando-si a sé stessi e agli altri. Quale dono più prezioso si può fare all’Altro, se non il racconto della propria storia? E quale dono migliore si può ricevere dall’Altro, se non il suo spazio mentale, dove la propria storia può respirare, assumere forma e colore?
La narrazione biografica mette al centro la dimensione esperienziale del soggetto, attraverso un processo di individualizzazione. È come un filo che cerca di ricucire il passato, il presente e il futuro.
Raccontare di sé vuol dire dare ordine al disordine dell’esistenza.
Permette di dar voce ad un “io tessitore, che connette, intreccia, costruisce e satura, ma soprattutto si muove alla ricerca del senso della vita” (Poggio, 2004). -Ecco, davanti a me, un nuovo petalo: dare ordine al disordine dell’esistenza.-
Attraverso la narrazione nella psicologia, ogni esperienza acquista significato, senso e valore, aprendo la porta non soltanto all’interpretazione del mondo esterno, ma anche alla ridefinizione del proprio mondo interno.
La propria storia non è più fatta da singole note, ma diventa melodia: andante, dolce, allegra, malinconica, ma comunque udibile ed emozionante.
Che si usi una penna, immagini o la propria voce, ogni racconto custodisce e dona bellezza.
La narrazione è uno strumento magico: -fa nascere fiori nel nostro giardino-.
Diamogli acqua.
BIBLIOGRAFIA
- Bruner J.S. (1992). La ricerca del significato. Torino, Bollati Boringhieri.
- Bruner J.S. (1997). La cultura dell’educazione. Milano, Feltrinelli.
- Bruner J.S. (2009). Le mente a più dimensioni. Bari, Laterza.
- Batini F. (2011). Storie, futuro e controllo. Napoli, Liguori.
- Di Fraia G. (2004). Storie con-fuse. Pensiero narrativo, sociologia e media. Milano, Franco Angeli.
- Giddens A. (1991). Modernity and Self-Identity. Self and society in the late modern age. London, Polity press.
- Poggio B. (2004). Mi racconti una storia? Il metodo narrativo nelle scienze sociali. Roma, Carocci.